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Lavoro, esodo "silenzioso" per almeno 5.000 informatori farmaco
giovedì 29 gennaio 2009 17:42
di Massimiliano Di Giorgio
ROMA (Reuters) - Sono poco amati dai pazienti in fila, che li accusano di fargli perder tempo dal medico. Hanno fama di percepire grossi guadagni, anche se molti non ricevono in busta paga non più di 2.000 euro al mese. Qualcuno li considera una casta, altri li sospettano di "comprare" i dottori per fargli prescrivere farmaci su farmaci.
Gli informatori medico-scientifici italiani, però, stanno vivendo probabilmente la loro peggiore crisi di sempre, con 5.000 esuberi su circa 32mila lavoratori, secondo la stima di Farmindustria, l'associazione di settore che aderisce a Confindustria. Numero che per un sindacalista rischia di raddoppiare entro la fine dell'anno.
"Ci hanno detto varie volte che ci avrebbero fatto tornare a lavorare, ma in azienda non ci sono più i prodotti. Prima ho aspettato. Poi mi sono rimessa a lavorare a maglia, vendendo anche qualcosa nei mercatini".
Isabella Vitolo ha 38 anni e vive a Vercelli. Ha cominciato a lavorare come informatrice nel 1991, ma dal luglio scorso è in cassa integrazione a zero ore, come altri 375 suoi colleghi che lavoravano per XPharma, una società con sede ad Agrate Brianza, nell'hinterland milanese, controllata dalla multinazionale tedesca Pharmexx. A cui li aveva in gran parte "ceduti" in precedenza un'altra multinazionale, la Merck.
XPharma ha motivato la Cig prima con la "cessazione aziendale", poi con la "ristrutturazione aziendale", anche se il piano per la ripresa dei lavori non è stato ancora avviato.
Del caso degli informatori di XPharma si è occupato all'inizio di gennaio anche il consiglio regionale della Puglia, che ha lanciato un appello al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, chiedendogli di "ridare una speranza a centinaia di giovani lavoratori, oggi senza prospettiva".
CONSOLIDAMENTO
Un esodo silenzioso, quella degli informatori, con esuberi che si contano in qualche decina o qualche centinaia per azienda, e che dunque non fanno troppo notizia, singolarmente presi.
Un fenomeno che non sembra legato alla "crisi globale", ma che ha le sue cause nel consolidamento del settore farmaceutico, con la diffusione dei cosiddetti "generici" e con l'evoluzione stessa dei medicinali.
"Andiamo verso una medicina sempre più specializzata, personalizzata. E anche i mercati si segmentano - dice a Reuters Sergio Dompé, presidente di Farmindustria, che rappresenta circa 200 aziende del settore - Questo complica le cose di molto, alza i costi della ricerca, non ci sono più i grandi mercati di una volta...".
Dunque, si taglia prima di tutto sulla distribuzione: "Non vogliamo toccare né ricerca né produzione, anche se forse sarà inevitabile", avverte Dompé. Per il quale comunque la farmaceutica italiana gode di "buona salute", come dimostra anche un export del 53% del prodotto, anche se "siamo sempre in 'zona Cesarini' a livello internazionale, bastano un paio di colpi per compromettere tutto", soprattutto in tempi di recessione globale.
Di farmaci, però, l'Italia continua a consumarne sempre di più: 931 medicinali acquistati ogni 1.000 abitanti nei prime nove mesi del 2008, rispetto ai 875 del 2007, dice l'Osservatorio nazionale sull'impiego dei medicinali.
"Le aziende stanno riorganizzando, stanno reingegnerizzando - che è un bruttissimo termine - l'informazione tecnico-scientifica", dice a Reuters Salvatore Corveddu, responsabile del dipartimento chimico-farmaceutico della Filcem-Cgil. "Tra le componenti che agiscono su controllo della spesa sanitaria, la distribuzione del farmaco pesa in una certa misura... e poi conta anche l'immissione dei farmaci equivalenti, quelli che vengono chiamati 'generici'", che hanno sottratto il monopolio di certi medicinali di largo uso a un pugno di aziende.
Ma il sindacalista parla anche di una "bolla" nel numero di informatori, cresciuta da metà degli anni 90, che a un certo punto è scoppiata.
COME L'ALITALIA
"Dicevamo da anni che non si capiva l'aumento delle assunzioni degli informatori. A metà degli anni 90 erano 22mila- 23mila. Poi siamo arrivati a un picco di 32mila, e ora, con la riorganizzazione, credo che verosimilmente torneremo ai numeri del decennio scorso, con una riduzione complessiva, alla fine del 2009, di 10mila lavoratori".
Quando parla della vertenza degli informatori, Corveddu dice che "è come un'altra Alitalia, solo che non se ne parla".
"E' stata la Pfizer a dare il via al trend delle assunzioni - dice a Reuters un'area manager di una grande multinazionale del farmaco, che ha 45 anni, lavora a Roma e preferisce restare anonimo - Prima c'era un informatore per zona. Poi sono arrivati loro e hanno cominciato a specializzare gli informatori, per territorio, per tipo di farmaco. E' come la pubblicità: perché il messaggio passi devi battere e ribattere. E loro hanno usato questa strategia, aumentando il numero di informatori per mantenere la pressione costante".
Il colosso della farmaceutica Pfizer, noto soprattutto per il Viagra, ha annunciato lunedì scorso l'acquisto del concorrente Wyeth per 68 miliardi di dollari. E al tempo stesso ha reso noto che taglierà il 15% dei posti di lavoro, vale a dire più di 19mila sui 130mila attuali. In Italia, nelle ultime settimane, Pfizer si è già "disfatta" di oltre 550 informatori, che facevano capo al sito di Latina venduto ora alla tedesca Haupt Pharma.
L'anonimo manager, che oggi coordina una squadra di alcune decine di informatori, ha cominciato a lavorare una ventina di anni fa come rappresentante di una farmaceutica : "Avevo un'amica che faceva questo lavoro, e sono sempre stato molto spigliato. Allora poi si guadagnava molto. Guadagnavo cinque volte tanto gente che lavorava nei laboratori".
"Sì, 20 anni fa si guadagnava parecchio per l'epoca - concorda Enrico Bricco, 46 anni, informatore della Keyros, che dal primo febbraio sarà in mobilità, insieme ad altri 165 colleghi - Oggi però non arrivo a 2.000 euro al mese, premi compresi".
Bricco ha lavorato fino a dicembre. A gennaio, come gli altri, è stato messo in permesso retribuito. Prevede di ricevere da febbraio circa 900 euro al mese, in proporzione al contratto di base degli informatori, che rientrano nel comparto della chimica. Senza alcuna buonuscita dall'azienda.
"Ho vissuto in passato momenti di crisi. Di solito c'è solidarietà tra lavoratori e azienda. Stavolta no. Non abbiamo avuto alcuna indennità, come invece è accaduto in altre società".
Dire quanto guadagni realmente un informatore è difficile. Un sindacalista parla di 40-50mila euro lordi, a cui vanno aggiunti premi, benefit e incentivi che variano da lavoratore a lavoratore. L'area manager indica la cifra di 35-40mila euro.
WELFARMA
Per aiutare gli informatori in esubero a trovare un lavoro, a fine novembre sindacati, industria e governo hanno firmato un accordo denominato "Welfarma", che prevede percorsi volontari di formazione e ricollocazione anche in settori merceologici diversi. Sulle sue probabilità di successo, però, le parti non si sbilanciano.
"E' qualcosa di innovativo, mira ad superare i momenti di difficoltà del mercato del lavoro con soluzioni che non comprimano le professionalità", dice Dompé di Farmindustria. Che però aggiunge: "Qualsiasi giudizio è prematuro, al momento", anche se "bisogna stare vicino a questi lavoratori".
"Abbiamo già proposte di cambio di mansione all'interno delle stesse aziende - dice a Reuters Sergio Gigli, della Femca Cisl - ma i lavoratori hanno una professionalità, e un livello di reddito, che vogliono difendere".
"Ho fatto due colloqui di lavoro, ma offrivano una miseria - racconta ancora Isabella Vitolo, che copriva la provincia di Vercelli - Se non ci riprendono alla X Pharma, andrò a lavorare con un contratto a provvigioni".
"Welfarma? Non ne sapevo niente - ammette invece Enrico Bricco - per ora mi sto guardando intorno. E' chiaro che dopo 20 anni che hai fatto questo lavoro pensi solo a ricollocarti nel settore, ora non saprei come ricominciare".

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